Liberami dal nulla. Bruce Springsteen e «Nebraska»
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Il seguito naturale del grande successo di “The River” avrebbe dovuto essere “Born in the U.S.A.”. Invece, nel 1982, Bruce Springsteen uscì con un album composto da una serie di canzoni cupe e raggelanti che aveva registrato da solo, unicamente per sé. Ma più di quarant’anni dopo, “Nebraska” è senza dubbio il disco più importante di Springsteen, l’indizio decisivo per comprendere la sua carriera di artista e la visione che ne è alla base, ma anche l’uomo stesso. Inciso su cassetta con un registratore a quattro piste proprio mentre si annunciava il futuro digitale, “Nebraska” esprimeva un’inquietudine che rifletteva lo stato d’animo del paese, ma era anche un sintomo dei problemi nella vita dell’artista, l’inizio di un crollo mentale di cui Springsteen avrebbe parlato apertamente solo decenni dopo l’uscita dell’album. Warren Zanes ha intervistato molte persone coinvolte nella realizzazione di Nebraska, tra cui lo stesso Bruce Springsteen. Zanes intreccia queste conversazioni con indagini sulla miriade di punti di contatto culturali, tra cui “Badlands” di Terrence Malick e i racconti di Flannery O’Connor, che hanno influenzato Springsteen mentre scriveva le struggenti canzoni dell’album. Il risultato è un resoconto articolato e rivelatore non solo di un momento cruciale nella carriera di un’icona, ma anche di un disco che ha sconvolto tutte le aspettative e ha predetto una rivoluzione nel campo della registrazione domestica.